giovedì 24 aprile 2008

CRONACHE DAL MONTELLO


Almeno a Miane c’era anche la pioggerellina autunnale a fugare ogni dubbio.

Qui no. Un sole splendido sopra i nostri padelloni, infido fango sotto le nostre ruote; ad un certo punto i piedi sono affondati a tal punto che la melma è salita al ginocchio. Eravamo lungo il Piave, fermi in coda, ovvio. Poi c’è stato anche un simpatico tratturo con bici in spalla e blocco totale delle ruote.

Ma andiamo per ordine.

Pensieri di alcuni giorni prima:

meglio un 467° posto sul Montello o finire tra i primi 15 al Livenza Bike di Pramaggiore?

Sveglia festiva alle 6.45 o alle 8:30?

Pasta party a Montebelluna o lasagne, trippe ecc dalla suocera?

Saggiamente scelgo di svegliarmi all’alba, di arrivare a un’ora e mezza dal podio e saltare il pranzo.

Un passo indietro. Sabato sera apro il pacco gara e scopro di essere nell’ultima griglia e ultimo degli Zero 5 bikers: decido di partire all’attacco, mi attende una gara di rimonta.

E infatti parto come un razzo e, confortato da qualche km ben asfaltato, mi porto molto avanti nel mio plotoncino; mi sento bello tonico, spingo al massimo per non rimanere bloccato ai primi imbuti. Senonchè arrivano le prime discesine e contro la mia volontà, lo giuro, mi infilo ripetutamente tra i cespugli. Quando esco dai cespugli tendo poi a finire nel punto più inaffidabile del sentiero, come se misteriosi campi magnetici attirassero con forza la mia bici dentro le pozze più profonde. Capisco presto che non è la mia giornata.

Come se non bastasse, dopo nemmeno un’ora mi ritrovo senza borraccia e con un gradevole dolore dietro la coscia, causato da un uso improprio dell’arto inferiore (diciamo a mo’ di stampella di salvataggio) che mi impedisce di primeggiare nei tratti da me prediletti, le salite a piedi (e non ridete, è vero).

Fortunatamente però comincio a vedere quei numeri bassi che tanto fanno coraggio, segno che – insomma – una qualche rimonta c’è.

Il percorso è molto bello e francamente sarebbe pure facile in condizioni normali; i ristori sono al posto giusto, ingollo litri di sali e mi lancio alla caccia dei 500 battistrada.

Ma contrariamente al solito la seconda parte del tracciato m’ispira di meno e vedo che la sensazione è condivisa da molti: si formano code più per rassegnazione che per effettive difficoltà, l’ennesima salitina fangosa non viene più aggredita con grinta, ma è percorsa per inerzia e non pochi si lasciano andare a commenti che denotano una certa impazienza.

Comunque sia, il finale è da chronoman: 5km di sterrato piatto che percorro a testa bassa come se fossi in fuga al campionato del mondo: disintegro qualsiasi tentativo di trenino e sorpasso decine di corridori (vabbè, perlopiù sono i lumaconi del percorso breve, ma facciamo finta di no). Percorro la scalinata finale in discesa con disinvoltura degna di Wanda Osiris, mi giro e dietro di me c’è il vuoto, davanti pure, a parte 3-4 centinaia di corridori (di cui una buona parte già sotto la doccia); dopo 4 ore abbondanti è il momento di sistemarsi la maglietta - per gli sponsor, certo - e tagliare il traguardo.

Va bene così ragazzi, la regola matematica che nelle corse lunghe mi attribuisce fin dalla partenza una posizione finale esattamente a metà del numero dei corridori arrivati è confermata, anzi migliorata: 435° su 920.

Nelle interviste del dopo gara rilascio dichiarazioni spavalde “Tipica gara dai due volti: una prima parte sulla difensiva, in cerca del giusto equilibrio, una seconda parte da leone, tutta all’attacco; peccato che la prima parte sia stata di 70km e la seconda solo di 5: se mi avessero dato 70km di sterrato pianeggiante non so come sarebbe andata a finire…”. E continuo “Personalmente non mi posso lamentare, ho dato tutto; avevo un conto aperto con il Montello, che l’anno scorso mi aveva sconfitto con tre simpatiche forature: oggi mi sono preso la rivincita… anzi no, c’è ancora l’extreme da affrontare, Montello 2009”.

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